0.6 Daniel Libeskind

0.6 Daniel Libeskind

 NeXT era un computer che veniva dal futuro. Steve Jobs lo realizzò quando venne licenziato dalla Apple. Nel 1990 Tim Berners-Lee con questo computer ha scritto il codice del Web segnando la nascita di internet. Inizia il passaggio dall’era elettrica all’era elettronica. La nuova architettura può finalmente emergere, grazie ai calcoli complessi che il computer permette di padroneggiare. La rivoluzione informatica genera forme spaziali che sfidano la gravità, i muri si piegano seguendo l’immaginazione fantastica dei pionieri di quella che Luigi Prestinenza Puglisi chiamerà HyperArchitettura. Tra i protagonisti emerge la figura dell’architetto Daniel Libeskind che attraverso i suoi progetti materializza quel movimento fluido e misterioso elaborato all’interno del computer. Chi meglio di Libeskind può raccontare il pensiero di Libeskind. Lasciamoci quindi coinvolgere dalle sue parole liberamente estratte da una conferenza tenutasi sulla piattaforma digitale TED nel 2009:

“…Come possiamo far sì che il computer risponda alla mano, piuttosto che la mano risponda al computer. Penso che questo faccia parte della complessità dell’architettura, le nostre vite sono complesse, quindi l’architettura deve riflettere questa complessità in ogni suo spazio.

Military History Museum, Dresda, 2011

E’ vero sapete, le cattedrali, sorprendenti, lo saranno sempre. Gli edifici di Frank Gehry continueranno sempre ad essere sorprendenti in futuro. Quindi un’architettura che è piena di tensione, andrà oltre sé stessa per raggiungere l’anima e il cuore dell’uomo, rompendo le catene dell’abitudine. Quando vediamo lo stesso tipo di architettura, all’interno di quel mondo diventiamo assuefatti a quegli angoli, a quelle luci, a quei materiali. Ecco quindi l’imprevisto che è anche ciò che è grezzo. Penso spesso a ciò che è grezzo e a ciò che è raffinato. Grezzo è l’esperienza pura, non toccata dallo sfarzo, dai materiali costosi, non toccata da quei raffinamenti che associamo all’elevata cultura. Quindi penso allo stato grezzo nello spazio, uno spazio non decorato, uno spazio che potrebbe essere freddo in termini di temperatura, ma che prosegue in direzioni volte a mostrare altre possibilità, altre esperienze, che non sono mai state parte del vocabolario dell’architettura, per creare un qualche lampo di nuova energia. Quindi amo ciò che è aguzzo, non smussato.

  Royal Ontario Museum, 2007             

L’idea che la migliore architettura sia silenziosa non mi ha mai attratto; le città dovrebbero essere piene di vibrazioni, di suoni, di musica. Credo sia importante creare spazi vibranti. L’architettura per me dovrebbe essere anche rischiosa, il rischio è alla base del mondo, in un mondo senza rischi non varrebbe la pena di vivere. Per ogni edificio corriamo dei rischi; il rischio di creare spazi che mai sono stati così aggettanti. Il rischio di spazi che non sono mai stati così vertiginosi, rischi che davvero muovono l’architettura verso uno spazio molto migliore. 
Denver art Museum, 2006


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